L’Africa, un continente che spaventa molti di noi.
Guerre e povertà non sono certo appetibili quanto una spiaggia caraibica o una metropoli ultramoderna. Ma l’Africa non è solo questo. L’Africa è prima di tutto umanità e ospitalità e una volta scoperta la ricchezza di questa terra e di questa gente è davvero difficile dimenticarla. Quantomeno dell’Africa che conosco io, quella subsahariana o Africa Occidentale. Senegal, Mali, Burkina Faso e via dicendo…
Il mio primo viaggio in Africa, che coincide anche con il mio primo viaggio in solitaria, risale esattamente a dieci anni fa. Ero in un momento critico della mia vita e avevo bisogno di ritrovare me stessa, così decisi di partire per il Senegal totalmente ignara di quel che mi aspettava laggiù. Ricordo come fosse ieri l’ansia e il timore pre-partenza generati, soprattutto, dalle raccomandazioni di amici e parenti che non capivano il perché della mia decisione. Onestamente, non so nemmeno io perché ho scelto l’Africa. Credo semplicemente di essere stata chiamata…
Ebbene… è sufficiente sbarcare all’aeroporto di Dakar e calpestare con il piede il suolo africano per sentire il calore penetrare dentro di te. Un calore che non ha nulla a che vedere con la temperatura. Un calore che viene dalla gente, dal suo modo di guardarti, di sorriderti, di parlarti. Quando sono arrivata in Senegal non avevo idea di cosa fosse la téranga. L’ho scoperto dopo, quando sono rientrata in Italia con il cuore a pezzi e cercavo sollievo in tutti i senegalesi che incontravo per strada a cui attaccavo un pippone infinito…
Eh già, perché nonostante la povertà pesi come una ghigliottina sulla testa, i senegalesi non hanno perso alcuni valori essenziali come la téranga che in wolof – la lingua ufficiale del paese insieme al francese – significa ospitalità. Appena fuori dall’aeroporto una signora che si era imbarcata con me a Milano mi ha avvicinata chiedendomi se avevo un albergo prenotato in città o se c’erano degli amici che mi attendevano. “Né l’una né l’altra”, ho risposto perplessa. Cinque minuti dopo ero a bordo di un taxi diretta a casa sua.
Con lei, e grazie a lei, ho scoperto una parte di Senegal. L’ho scoperta e l’ho amata, profondamente. Da nord a sud, da est a ovest, nella sua essenza e semplicità. Perché un viaggio in Senegal non ti stupisce per le sue bellezze culturali, artistiche o naturalistiche. Le città non sono particolarmente affascinanti e le spiagge non hanno nulla a che vedere con quelle caraibiche. Certo, la vegetazione lussureggiante della Casamance, qualche gioiellino situato sulla Petite Côte – tra cui Joal Fadiouth, altrimenti nota come l’île aux coquillages (isola della conchiglie) e Toubab Diallao, un grazioso e pittoresco villaggio di pescatori – e Gorée con il suo tragico passato legato alla tratta degli schiavi, non ti lasceranno indifferente, ma non sarà questo a farti innamorare del Senegal.
No! Saranno gli occhi dei bambini e i sorrisi della gente, sarà l’entusiasmo nel trasmetterti le loro tradizioni e la loro lingua, sarà la condivisione di un pasto dallo stesso piatto o del tè dal medesimo bicchiere e saranno le mille domande che ti rivolgono quando li incontri lungo il cammino per sapere di te, della tua salute, del tuo stato d’animo, del tuo lavoro e della tua famiglia. All’inizio, forse, tutto ciò ti sembrerà un po’ invadente, un po’ forzato. Io, personalmente, pensavo si prendessero gioco di me. Poi ho capito che non era così, che mi stavano mostrando l’Africa nella sua intimità e che lei, l’Africa, mi stava accogliendo come una di loro, come una figlia.
E al rientro in Italia, quando ti recherai al bar a bere il caffè pre-lavoro e riceverai un buongiorno stentato (lo so, sono estremista ma al ritorno da un viaggio in Africa vedrai tutto annebbiato)… sentirai l’assenza della téranga pesare sulle tue spalle come un macigno. Io, non mi vergogno a dirlo, ho vissuto sei mesi in lacrime quando sono tornata dal mio primo viaggio in Senegal. Cercavo rifugio e sollievo in tutto ciò che mi rievocava il tempo che fu – avevo persino comprato il necessario per preparare il tè alla senegalese – e quando finalmente ho prenotato il biglietto per tornare laggiù mi sono sentita meglio!
Ciò che fa del Senegal un paese che lascia il segno è la sua gente. Gente sempre pronta ad accogliere l’ospite inatteso, di qualunque etnia, religione e sesso esso sia, e a farlo sentire uno di casa con i semplici gesti dell’ospitalità. Gente povera ma generosa, gente semplice dalla mentalità aperta, gente capace di soffrire con il sorriso sulle labbra, gente che ti farà amare la sua terra come se fosse la tua. Gente che, a distanza di anni, ancora ti aspetta a braccia aperte…