L’America Latina è la terra dei grandi spazi. La terra in cui la Pacha Mama, la madre terra, si esprime in tutta la sua magnificenza. Da nord a sud, da est a ovest, il continente non smette di meravigliare con le stupefacenti espressioni di una natura selvaggia e incontaminata. Per cui oggi voliamo in Venezuela, la patria di Simón Bolivar – il libertador d’America – alla scoperta del Salto Angel, uno dei posti più straordinari esistenti al mondo.
Eh sì, avete capito bene! L’avete mai sentito nominare? Il Salto Angel – che in italiano suona celestiale come il Salto dell’Angelo – è tecnicamente una cascata anche se, dal mio punto di vista, è ben più di una cascata.
Non so voi ma io nutro un’attrazione particolare per le cascate e sono capace di emozionarmi pure davanti a una cascatella ridicola, figuratevi cosa sono capace di fare di fronte a colossi della natura come le Cascate di Iguazu, le Cascate del Niagara o le Cascate Vittoria. Non che le abbia viste tutte ma quel che ho visto è stato più che sufficiente. Di fatto, se ci fate caso, sono tutte al plurale. Cascate. Il Salto Angel no, lui procede solitario e orgoglioso senza curarsi dei fratelli minori che si tuffano dall’alto del tepuys nel sottostante río Chorún. Lui sa bene chi è, sa di detenere un primato. Non è solo annoverato tra le dieci cascate più belle al mondo ma è anche, in assoluto, la più alta.
Vi confesso che è davvero difficile trovare parole atte a descriverlo per cui… allertiamo l’immaginazione!
Siamo a bordo di una lancia e navighiamo a tutta birra lungo il río Chorún.
Ci siamo lasciati alle spalle la laguna di Canaíma – una distesa di sabbia finissima, uno specchio d’acqua, una sfilza di cascate color miele e la selva sullo sfondo che sfuma nel cobalto del cielo generando un effetto cromatico stupefacente – e sotto la pioggia torrenziale che ci accompagna per tutto il viaggio ci dirigiamo verso il Salto Angel. Il fiume nero procede lento e imponente con i tepuys che sfilano all’orizzonte. Non siamo in un posto qualunque. Siamo nella selva. La selva venezuelana, uno dei polmoni verdi dell’America Latina.
Sono le cinque del pomeriggio e quando finalmente raggiungiamo il campement per la notte ce lo troviamo di fronte che si erge per oltre novecento metri d’altezza. Cala rapido il buio e al dondolio dell’amaca che funge da letto ci perdiamo con lo sguardo nel cielo stellato e ci godiamo lo spettacolo: incorniciato da rami in foglie e illuminato da uno spicchio di luna crescente, il sottile ed elegante getto d’acqua si stacca dalle pareti buie dell’Auyan Tepuy e inizia il suo volo. Tra poche ore saremo sì, faccia a faccia con lui.
Alle quattro di mattina iniziamo la scalata per raggiungere il mirador e godere dell’energia del Salto Angel all’alba. Una camminata in mezzo alla selva impenetrabile su cui si abbatte impietosa la pioggia. L’unico suono che udiamo è quello dell’acqua. La voce più forte, quella del Salto, ci invita a raggiungerlo.
E finalmente, dopo un’ora di cammino, ci troviamo dinanzi a centinaia di metri cubi d’acqua che scivolano giocosi lungo il tepuy per poi inabissarsi nella nebbia e riemergere maestosi dalle acque gorgoglianti del fiume. Ha smesso di piovere e sullo sfondo di roccia nera si staglia l’arcobaleno. Il Salto Angel è lì, davanti a noi, unico e solitario nel suo immenso splendore e la selva vigila su di lui come farebbe una madre con il proprio figlio.
In un momento simile non possiamo far altro che ringraziare la Pacha Mama per essere parte di tutto ciò. Lei, la Madre Terrra, non ci tradirà mai. Con tutto il male che le facciamo, ogni giorno, continua a renderci partecipi di spettacoli che ci riempiono l’anima.
Non so voi, ma io mi sento così… mi sento una liana, una goccia d’acqua, un minerale. Mi sento parte integrante di questa natura incontaminata, selvaggia e così dannatamente generosa. E il Salto Angel mi ha colmato il cuore di tanta bellezza che mi emoziono ancora al solo ricordo…